05 Lug Il bambino e gli schermi
Introduzione
L’ingresso del mondo digitale nella nostra società ha portato cambiamenti culturali, cognitivi e psicologici in ognuno di noi. Anche il bambino che interagisce con gli schermi è portato a modificare tutte le sue relazioni partendo dal rapporto genitoriale a quello con i pari nell’istituzione scolastica. Ecco che nasce una nuova sfida educativa a cui genitori ed educatori non possono sottrarsi: sono chiamati ad una ricapacitazione per rispondere alle sfide dello sviluppo emotivo e affettivo, relazionale e sociale, fisico e psichico del bambino.
Aspetto storico/sociologico
La nascita delle tecnologie touch risale all’inizio degli anni Novanta, ma è a partire dal 2007 che inizia la vera «rivoluzione». Nel 2010 si diffondono, inoltre, nuovi dispositivi caratterizzati da una diversa interfaccia rispetto ai precedenti, sviluppati esplicitamente per la gestione tramite tocco. Grazie allo schermo tattile viene così ripristinata, nell’interazione con la tecnologia, la corporeità e questo fa sì che anche i bambini più piccoli, che non sanno leggere e scrivere e non hanno raggiunto determinati livelli rispetto alla coordinazione oculo-manuale, possano interagire con le tecnologie molto prima rispetto al passato, superando così barriere che per molto tempo hanno impedito di accedere ai nuovi media e fruire delle loro potenzialità. Questo ha portato negli anni ad una nuova definizione sociologica: i nativi digitali. Questi sono i bambini nati immersi in quello che è il mondo della tecnologia, in cui riescono ad usarlo in modo spontaneo e intuitivo. A livello sociologico questo fenomeno viene analizzato da diversi gruppi di ricerca che sottolineano l’importanza della regolarizzazione dell’uso del digitale poiché i bambini rischiano di ricevere una formazione unilaterale, solo dal punto di vista della comunicazione digitale. Il televisore dentro la loro cameretta potrebbe diventare fonte di messaggi educativi ma esponendoli precocemente a tutti i “segreti” del mondo adulto, senza alcun filtro e spiegazione.
Aspetto psicologico/patologico
Il digitale è entrato nella quotidianità delle famiglie e per questo già nella prima infanzia i contatti con gli schermi sono frequenti. Molti studi hanno dimostrato che gli schermi non interattivi, quelli nei quali il bambino risulta passivo, possono produrre effetti negativi come ritardo nel linguaggio, deficit di attenzione e concentrazione e nei casi più estremi sviluppare nel tempo una certa passività nei confronti della vita in generale. Le ricerche dimostrano che l’esposizione a schermi non interattivi di bambini con età inferiore ai 2 anni porterà conseguenze che si ripercuoteranno oltre i 10 anni; inoltre si registra una diminuzione del 7% dell’interesse in classe e del 6% sulle abilità matematiche. Inoltre il virtuale espone, non solo il bambino ma anche il ragazzo e l’adulto, a mettere alla prova la sua identità. Quest’ultima è “un’invariabile” propria ad ognuno di noi e si forma unendo ciò che noi siamo realmente con ciò che noi creiamo per essere riconosciuti. Lo schermo taglia questa unione inserendo numerosi stimoli a creare altre identità: l’identità si moltiplica. Nel momento in cui le identità sfuggono al soggetto, cioè non rendono chiara la separazione tra ciò che è reale e ciò che non lo è, si presenta la patologia.
Aspetto educativo
L’uso della tecnologia può rivelarsi come un oggetto di esplorazione e apprendimento per il bambino. Infatti per il suo sviluppo senso-motorio, cognitivo e relazionale lo schermo, come quello del tablet, può accompagnare l’azione educativa. Inoltre questi possono costituire un utile strumento in numerose terapie di sostegno: ortofonia, ergoterapia, psicoterapia. Nel campo delle psicoterapie, per esempio, costituisco delle inedite mediazioni particolarmente ricche, specialmente nel campo dei disturbi fobici. Gli avatar, per esempio, vengono similmente utilizzati come supporto e specchio della costruzione di sé, ma anche per aiutare il bambino nel darsi una rappresentazione dei propri conflitti interiori, e, con l’aiuto dello psicoterapeuta, nel trovarvi delle soluzioni. L’avvento di queste nuove tecnologie costringe la pedagogia a compiere una rivoluzione culturale al fine di agevolare l’attivazione di diverse strategie di motivazione, per rinforzare gli stili di apprendimento, stimolare le diverse forme di intelligenza e sollecitare la curiosità infantile.
Conclusioni
L’educatore quindi è chiamato a rispondere ad una nuova sfida educativa, quella di orientare il bambino a utilizzare la tecnologia come mezzo per sviluppare al meglio le sue capacità senza mai permettere a quest’ultima di dissolvere i suoi contatti con l’ambiente, gli altri e sé stesso. L’educatore per far questo non dovrà demonizzare la tecnologia, al contrario sarà portatore di una verità: il multimediale fa parte di quest’epoca e per questo se vogliamo essere un educatore riflessivo oltre il 2.0 dobbiamo riconoscere la risorsa al fine di responsabilizzare ad uso cosciente dello schermo anche nell’infanzia.