12 Gen CLICKBAIT
Introduzione
“Dopo aver guardato questo video la tua opinione sul sistema scolastico italiano non potrà più essere la stessa”, ” L’ uomo con tre gambe che ha fatto il giro di tutto il web” “Incredibile ma vero: il gatto che riesce a suonare il pianoforte!!”
Navigando su internet è facile imbattersi in titoli del genere, particolarmente accattivanti, scritti apposta per fungere da esca. Il clickbaiting è il meccanismo attraverso cui molti siti web riescono ad attirare e convincere gli utenti a cliccare su un determinato link. L’ obiettivo principale di un titolo clickbait (“esca per click”) è quello di ottenere il maggior numero di click e di condivisioni sui social network per generare un alto numero di rendite pubblicitarie online.
Aspetto storico/sociologico
In un’ intervista del New York Magazine, il comico Jon Stewart paragona il clickbaiting al metodo attraverso cui gli imbonitori di Coney Island attirano il pubblico: con la lusinga di vedere cose uniche al mondo come il famoso uomo con tre gambe, che poi si rivela essere un ragazzo con una stampella.
Questo meccanismo ha dunque la funzione di stimolare la curiosità del lettore ed incoraggiarlo ad aprire un determinato link. Il web infatti presenta un crescente numero di contenuti a cui gli utenti possono attingere per ricavare qualsiasi informazione, che sia vera o falsa; i siti web si avvalgono del clickbaiting per rendere appetibile ciò che propongono e sconfiggere la concorrenza; infatti l’ attenzione degli utenti è sempre meno catturabile perchè viene contesa fra creatori di contenuti in continuo aumento.
Inizialmente questo termine veniva utilizzato per indicare l’ inserzione di un hyperlink( un link che spinge il lettore a essere aperto) che normalmente portava ad un form o ad una pagina che richiedeva un pagamento prima di visualizzare ciò che si desiderava. Oggi ci si riferisce ad un contenuto web che non mantiene la promessa data dal titolo ( definizione di Ben Smith, Buzzfeed).
Le varie forme di pubblicità si basano su questo fenomeno: i titoli pubblicitari devono incuriosire il pubblico senza rivelare il contenuto stesso che presentano. Seguono il principio del curiosity gap, per cui vi è nel titolo una promessa che l’ articolo o il video deve mantenere.
Ciò che tuttavia distingue il clickbait è che spesso, nonostante si sia coscienti della manipolazione in atto, non si riesca a resistere e si ” cade nella trappola”. Secondo una ricerca della Columbia University più del 59% di chi condivide link non li ha mai aperti; e ciò è stato confermato dal Science Post( sito satirico americano) che nell’ estate del 2016 ha pubblicato un articolo finto il cui titolo svelava come almeno il 70% degli utenti Facebook condividesse articoli e link solo leggendo il titolo: il risultato sono state oltre 46 mila condivisioni di un contenuto vuoto.
Aspetto psicologico/patologico
Jonah Berger, che ha compiuto studi sull’ influenza sociale e il contagio, all’ università della Pennsylvania, afferma il ruolo fondamentale delle emozioni nel comportamento legato al clickbait. Non a caso, in seguito ad una ricerca del 2014 di un giornale americano, si è confermato che titoli con notizie estreme dal punto di vista emotivo hanno la possibilità di attirare maggiormente i lettori.
I titoli di questo tipo promettono un’ esperienza emotiva molto alta che invece si rivela essere estremamente deludente. Tuttavia gli utenti manipolati, cliccano il link perchè ne sono incuriositi.
Una delle teorie più accreditate è quella del divario d’ informazione di George Loewestein (1994) . Egli definisce la curiosità una “funzione cognitiva indotta che sorge alla percezione di una lacuna nelle conoscenze” ; ogni qualvolta viene percepito un gap fra ciò che si conosce e quello che si vuole sapere, questo divario ha delle conseguenze emotive, il sentimento di curiosità. Di conseguenza ciò conduce alla creazione di una motivazione: il soggetto incuriosito è motivato alla conoscenza.
Vi è inoltre un fondamento biologico che spiega il meccanismo del clickbait; entra in gioco l’ effetto che la dopamina ha quando viene rilasciata dai centri di piacere del cervello: i livelli di questo neurotrasmettitore aumentano nel momento in cui si vede il titolo che ha il ruolo di segnale; quindi quest’ ultimo produce piacere per ciò che rappresenta, ossia l’ attesa del premio( il contenuto web). Il neuroscienziato Robert Sapolsky afferma che la dopamina non riguarda il piacere ma la sua previsione. Inoltre quando la frequenza del premio si riduce al 50% delle volte, i livelli di dopamina raggiungono il valore massimo: la promessa non mantenuta del clickbait è più un incentivo che un deterrente. Psicologicamente parlando per ottenere un determinato comportamento dalle persone è efficace inserire il ” forse” ( rafforzamento ad intermittenza).
Aspetto educativo
Non è una scoperta che il clickbait si concentri sulla forma e sulla presentazione piuttosto che sui contenuti; quest’ultimi vengono confezionati in modo da avere una rendita massima sui social e diventare virali. Nel web si assiste ad una vera e propria lotta in cui tutto è permesso pur di arrivare primi: è dunque uno strumento quasi d’ obbligo per gli lavora su questo tipo di piattaforme come Youtube ed è un influencer.
Il rischio è quello che si arrivi a veicolare esclusivamente informazioni false o superficiali e che siano rese virali grazie ad utenti inconsapevoli che condividono qualsiasi link.
Conclusioni
In conclusione, il clickbait è un meccanismo con uno scopo ben preciso e che funziona quasi sempre; i suoi effetti, seppur efficaci, condannano sia i creators (creatori di contenuti) sia gli utenti che vogliono accedere ai vari link, a dei contenuti apparentemente accattivanti e ricchi, ma che una volta aperti risultano essere deludenti.
Sicuramente è uno spunto di riflessione su come il mondo di internet, per quanto sia una piattaforma accessibile a tutti e ad infinite ricerche, ospita anche tranelli e chimere che manipolano la nostra attenzione.